Glaucoma: dai, non ti intestardire!

Glaucoma: Dai, non ti intestardire!

Daniela Giovati, pioniera della visione naturale in Italia, suggerisce di sperimentare la capacità di passare da una polarità all’altra.

<< La mia intuizione si basa sul fatto che ogni volta che c’è una tensione “cronica” o mi viene da dire una situazione “stagnante”, si può lavorare sulla polarità contrazione-rilassamento per creare una dinamicità che può diminuire la tensione stessa e aiutare a smuovere il blocco.

Il glaucoma è una pressione troppo forte rispetto al contenitore, qualcosa non si scarica come dovuto, quindi penso che si possa lavorare per migliorare questa tensione “cronica” proprio stimolando gli occhi con forze opposte.

Ci sono pratiche del Metodo Bates che lavorano proprio sulla polarità (qualcuno direbbe yin / yang)

  • Sunning e palming: con gli occhi esposti alla luce la pupilla si restringe, il muscolo ciliare e i muscoli retti interni per la convergenza si contraggono per accomodare e convergere come guardando un punto prossimo. Si attiva il sistema simpatico. Con il palming avviene il contrario e si attiva il parasimpatico. Anche il cambiamento luce/buio va ad attivare i due sistemi in maniera alternata, risvegliando tutto il sistema, migliorando i riflessi. Interessante anche la pratica dello shifter o delle dita delle mani che si muovono davanti agli occhi facendo sunning: secondo me è proprio un massaggio vibrazionale, in quanto la luce e il buio hanno frequenze diverse e quindi è come uno shakerare i tessuti dell’occhio ma anche della corteccia visiva.

Praticare sunning e palming alternati è come fare una doccia calda calda e poi fredda fredda: i tessuti si rivitalizzano e quindi anche l’attività mentale, nel caso specifico degli occhi sappiamo quanto questo voglia dire il risveglio dell’attenzione, concentrazione e quindi di una migliore messa a fuoco intesa come “capire”. Il contrario di questa pratica sono gli occhiali da sole, che rendono tutto piatto, smorzano i contrasti, fanno vedere “tutto grigio.”

  • Acqua calda/acqua fredda. Fare lavaggi alternando acqua calda con acqua fredda è una pratica benefica per le stesse ragioni della doccia cosiddetta svedese. Per me è preferibile farli ad occhi chiusi.
  • Naso/cielo: si tratta di guardare il proprio naso e un punto il più lontano possibile. Meglio coordinare il movimento al respiro (Il respiro è sempre quello che “comanda”, il movimento degli occhi deve accordarsi al respiro e non viceversa) Per i presbiti inspirare guardando lontano ed espirare guardando vicino, per i miopi il contrario.
  • Contrarre forte forte gli occhi, cercando di limitare il più possibile la zona di contrazione: è fisiologico contrarre, insieme agli occhi, anche un po’ il viso, ma si dovrebbe cercare di non contrarre tutto il viso e ancora meno il resto del corpo. Naturalmente mentre si contraggono gli occhi il respiro è bloccato. Dopo qualche secondo, quando non ci si fa più a rimanere contratti e senza respirare si lascia andare tutto e gli occhi si rilassano completamente, si puo’ anche lasciare che piano piano si aprano da sé (che vuol dire non usare i muscoli della fronte come si fa spesso senza accorgersene, ma nemmeno “sgranare” gli occhi) immaginando di avere ciglia lunghe lunghe che si sollevano da sé come un sipario. Farlo tre volte.

Interessante che ad un corso di formazione per ortottiste, il classico ecm, presentassero un macchinario per migliorare la troppo alta pressione degli occhi che impiegava lo stesso principio: si trattava di due specie di stantuffi che pigiavano un po’ sugli occhi e poi si rialzavano lasciando gli occhi senza pressione. Nel mentre la pressione degli occhi veniva misurata nelle due fasi in modo da creare una pressione più alta quando gli stantuffi pigiavano sugli occhi ma controllando che non fosse troppo forte il rialzo pressorio. Nella fase in cui gli occhi non erano pigiati si notava che la pressione degli occhi era un po’ minore rispetto a prima di iniziare. Questo ha dato un supporto “scientifico” alla mia intuizione.

  • Pratica di Webber. David Webber era un insegnante di FeldenKrais che abbiamo avuto il piacere di conoscere durante un nostro convegno A.I.E.V. In quella occasione lo invitammo a fare un seminario sugli esercizi Feldenkrais per gli occhi e fu lì che imparai questa pratica per il glaucoma. Lui aveva avuto dei grossissimi problemi agli occhi (retinite, glaucoma e altri) tanto da diventare cieco e con dolori fortissimi. Lavorò tantissimo su di sé praticando esercizi Feldenkrais, Metodo Bates e Cranio-sacrale, tanto da riuscire ad alleviare il dolore e da recuperare quel tanto di vista che gli permise di andare in giro per il mondo ad insegnare ciò che aveva imparato, si può proprio dire, sulla sua pelle. La sua storia è anche stata descritta da Norman Doidge nel suo libro “Le guarigioni del cervello”( Cap. 6 “Un cieco impara a vedere”).

La pratica messa da lui a punto per migliorare il suo glaucoma è stata ripresa da un esercizio Feldenkrais per curare l’insonnia, a cui ha annesso una parte riguardante gli occhi.

Vi descrivo in modo dettagliato l’esercizio.

Mi metto seduta comoda. Preparo le mani a comporre un particolare mudra: con le mani aperte davanti a me, dorso rivolto verso di me, prendo il pollice della mano destra serrandolo con la mano sinistra, ma prima di chiudere del tutto la mano sinistra, la mano destra serrerà l’indice della mano sinistra ed entrambe le mani finiranno di chiudersi. Appoggio le mani in grembo in modo comodo.

Ascolto il mio respiro, e quando sono nell’onda del respiro mi preparo ad accordare il movimento delle mani col respiro in modo che durante l’inspirazione contrarrò le mani e durante l’espirazione rilasserò le mani, mantenendole comunque sempre nella posizione del mudra. Il movimento delle mani sempre segue il respiro mai viceversa.; la durata della contrazione e della distensione delle mani sarà la durata dell’inspirazione e dell’espirazione.

Quando sento che sono nel flusso senza più pensare a cosa sto facendo, allora ci preparo ad accordare anche il movimento degli occhi al respiro e al movimento delle mani nel seguente modo: quando comincio ad inspirare e a contrarre le mani, contraggo anche gli occhi, e quando comincio ad espirare rilascio sia le mani sia gli occhi.

Continuo così cercando di rimanere nel flusso, immaginando che i miei occhi e le mie mani diano una rappresentazione del mio respiro. Dopo un po’ lascio rilassati i miei occhi e la mie mani continuando a seguire il mio respiro.

Mi preparo a fare lo stesso esercizio ma cambiando il mudra prendendo il pollice della mano sinistra con la mano destra, e l’indice della mano destra con la mano sinistra chiudendo entrambe le mani.

E’ una pratica che richiede molta concentrazione, molto meditativa. Come tempi la prima volta che si propone ho visto dalla mia esperienza che un’ora è un buon tempo tra la spiegazione, l’effettuazione e il feedback finale. A casa poi ognuno lo può far durare il tempo a lui più congeniale ma immagino che ci vogliano almeno 20/30 minuti perché si possa entrare nell’esercizio in modo da trarne beneficio. Va fatto tutto con molta calma e senza fretta. Per alcuni è difficile la coordinazione, specialmente all’inizio, ma perseguendo poi diventa più facile. Qualcuno tra i miei clienti è riuscito a farlo quasi tutti i giorni ed è riuscito, unendo le altre varie pratiche prima descritte e naturalmente con attenzioni ad una vita sana, ad evitare di mettere le gocce di collirio per abbassare la pressione.

Mi viene da aggiungere che anche nel nostro quotidiano possiamo cercare di mantenere una buona dinamicità cercando di alternare rilassamento con movimento, non limitarci nell’ esprimere sentimenti sia di gioia sia di tristezza, stare sia al buio totale sia alla luce solare, alternare sapori delicati con sapori più forti ecc. La polarità rende più vitali e più brillanti i nostri occhi. >>