Che c’è di nuovo nel metodo Bates?

Ormai un bel po’ di anni fa Tom Quackembush uno studioso americano pubblicò un ponderoso (700 pagine) volume di rilettura e analisi di tutto quello che Bates ha scritto. Un anno dopo fece uscire in libro l’edizione quasi globale di Better Eyesight, la rivista pubblicata da Bates dal ‘19 al ’31 (in italiano si trova solo la prima annata, curata da Fabrizio Brancaleone e Morena Bernardi e l’ultima, pubblicata ormai una ventina di anni fa).

Sorpresa: Bates non insegnava affatto una ginnastica visiva, ma un modo diverso di vedere il mondo basato sulla consapevolezza.

Dice Bates: “più ti sforzi di vedere bene, peggio vedi!” e “più vicino fisicamente è l’esaminatore all’esaminato, più questo va in stress e vede peggio.” Il che significa che l’esame della vista non è affatto oggettivo come piacerebbe a ottici, oculisti e optometristi.

Insomma, Bates era un pensatore olistico, che utilizzava un approccio psicosomatico in anticipo di almeno cinquant’anni sul suo tempo. E oggi? Riusciamo ad aggiungere elementi e far crescere il suo lavoro senza beninteso tradirlo?

 

Lavoro di gruppo

Certo Bates non lo praticava, perché le discipline psicoterapeutiche che lo avrebbero studiato e sviluppato, sarebbero nate 50 dopo (penso ad es. alla Gestalt di Fritz Perls). In effetti la dimensione di gruppo permette di cambiare molto più in fretta le abitudini visive, perché il gruppo sostiene e amplifica i cambiamenti. Sentirsi semplicemente accettati per quello che si è toglie un’enorme peso dalle spalle e.. dagli occhi. Durante i gruppi il “miracolo” di un netto miglioramento della vista è “normale”. Va detto però che sono ancora pochi gli operatori del metodo Bates in grado di comprendere e utilizzare le dinamiche di gruppo

 

Lavoro sulla consapevolezza e sulle emozioni

Il concetto stesso di consapevolezza semplicemente non esisteva ai tempi di Bates, che comunque aveva già notato la tendenza a fuggire dal qui e adesso, e andare nella mente.

Chi ha problemi di vista è spesso incastrato tra due pulsioni: una inconscia che gli dice di non vedere perché può essere fonte di dolore, e una conscia che lo forza a vedere lottando contro sé stesso e le sue paure. Per uscire da questa tensione, finisce per fuggire “dentro”, cioè nei propri pensieri.

Per la stessa ragione ha paura di “vedere chiaro” nella sua vita attuale, in ciò che è e in ciò che vuole veramente, perché teme che essere sé stesso potrebbe attirargli rifiuto e emarginazione.

Per permettere a sé stessi di sentire e poi di esprimere intensamente le proprie emozioni bisogna diventare responsabili e padroni del proprio destino. In una frase: si deve smettere di essere “pazienti”.
La centralità della consapevolezza e la diffidenza per i meccanismi della mente sono patrimonio di molti sentieri della nuova spiritualità, ma si può anche parlare di una via “spirituale” al miglioramento della vista. Per esempio, i libri di J Liberman (non editi in Italia) o di Brofman e Kaplan vanno in questa direzione.

 

Aspetto psicologico e postura

Eh si, i vari problemi visivi presentano un profilo psicologico piuttosto definito. Charles Kelley, che ho conosciuto agli inizi degli anni ’80 è stato il primo a trattare questo argomento. In Italia Cristina Zandonella negli anni ’90 e Marisa Martinelli più di recente hanno scritto cose interessanti sull’argomento.
Quello che forse è totalmente nuovo è l’idea che la postura, l’atteggiamento del corpo, il modo in cui si respira e ci si muove, sono anch’essi in relazione ai diversi tipi di problemi visivi. Si è scoperto che se non si modificano queste strutture, resisteranno ai cambiamenti avvenuti nell’uso dell’occhio e spingeranno ad un ritorno al vecchio status quo. Al contrario, un uso più naturale del corpo, una postura rilassata etc, possono dare una spinta in positivo al cambiamento della vista.

Di recente Peter Grunwald, che abbiamo più volte invitato in Italia, ha pubblicato una dettagliata mappa dei riflessi occhio/corpo, che permette di agire in modo molto dettagliato ed efficace su vista e postura contemporaneamente. Anche la posturologia medica ha ricuperato l’idea di una profonda influenza della vista sulla postura.

 

Importanza della percezione dello spazio

Oggi ci si muove poco, si usano molto gli occhi e poco tutti gli altri sensi. E nel visivo domina la visione a due dimensioni, focalizzata su cose vicine, fissa, con un campo visivo ristretto, centrata sulla lettura o decifrazione rapida di simboli.

Ciò provoca la perdita della visione tridimensionale. Non si vede lo spazio appunto. Non si vede lo spazio tra due o più cose, né lo sfondo, né l’”ambiente” (ciò che sta ai lati o anche dietro di noi).

Nei clear flashes, il ritrovare improvvisamente queste dimensioni perse ha un effetto mozzafiato per molti: una improvvisa enorme libertà di movimento, di sapere “dove” si è, “dove” si vuole andare e quali sono i passi intermedi.

Va detto ancora una volta che anche in questo campo Bates aveva intuito giusto: la “percezione del movimento apparente delle cose” è un concetto che spesso anche gli operatori del metodo Bates non comprendono fino in fondo

 

La Binocularità

Ciò che Bates non sviluppò particolarmente fu il lavoro sul ripristino della binocularità in casi come strabismo, forie, ambliopia e simili. Cristina Zandonella nel suo libro Occhi felici sottolinea questo aspetto.

Il motivo è semplice: ai suoi tempi questi casi erano semplicemente rari. Oggi, invece, sono la norma. Le stesse ragioni che causano la perdita della visione periferica e del senso dello spazio (essenzialmente l’uso massiccio di schermi e la mancanza di attività di coordinamento occhio-mano-corpo) causano lo squilibrio e la perdita della binocularità.

In questo campo, oltre al contributo fondamentale di Ray Gottlieb con il suo approccio basato sulla fusione, esiste una miriade di strumenti semplici (riuniti nel Grande Kit per allenare la vista) che vanno dall’occlusore parziale al Melissa, a diversi tipi di divisori del campo visivo, agli occhiali anaglifici e molti altri utili elementi.

 

L’importanza della luce e dell’oscurità

Ai tempi di Bates la luce elettrica era stata introdotta da poco. Si passava continuamente da ambienti in penombra a altri in piena luce.

Al giorno d’oggi la luce artificiale, costante e con spettro molto diverso da quello solare è la regola. E’ raro che si affronti una luce intensa (e si usano occhiali da sole). Ancora più raro essere esposti ad una oscurità profonda. Praticamente tutti noi tendiamo ad avere un funzionamento intorpidito del meccanismo della pupilla con cecità notturna e intolleranza alla luce come conseguenze. Questo spiega perché palming e sunning giochino un ruolo tanto importante. E anche perché si siano sviluppate tanto le attività da attuare all’aria aperta in pieno sole e quelle al buio (night walking)

 

Uso di occhiali

Gli optometristi americani sostengono: “non si può ridurre drasticamente l’uso degli occhiali. Bisogna scalarlo molto gradualmente (0,25 D per volta) perché a ogni livello il cervello deve ritrovare un equilibrio che gli permetta di ricostruire i suoi parametri di percezione dello spazio” (Orfield).
Bates era invece abbastanza drastico contro gli occhiali, per questi aspetti:

– Psicologici: gli occhiali finiscono per diventare una barriera dietro la quale ci si nasconde e che impedisce l’espressione di chi si è;

– Visione periferica: gli occhiali educano a non percepire l’intero campo visivo, ma solo il centro.

– Posturale: gli occhiali (ma anche le lenti a contatto) educano a una fissità dello sguardo che è a sua volta all’origine delle tipiche rigidità e disfunzioni della postura, come collo e spalle rigide, ginocchia tese, petto chiuso etc.

Oggi non siamo così drastici, ma condividiamo con Bates il concetto che gli occhiali normali costituiscono un vero e proprio allenamento contro la visione naturale e che, quindi, ogni volta che possiamo non usarli o usare occhiali stenopeici (Rasterbrille), tanto meglio.

Oggi abbiamo a disposizione diversi tipi di occhiali stenopeici, che ai tempi di Bates erano molto difficili da produrre.

Oltre a sostituire gli occhiali normali in molte situazioni (senza averne gli aspetti negativi), possono essere un valido aiuto in alcune pratiche del metodo Bates: penso, ad esempio, alle oscillazioni ampie, in cui l’uso dei rasterbrille rende molto evidente il movimento apparente, o al delineare.

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